Dunque. La puntata si apre discretamente, proponendo una delle poche cose interessanti e divertenti che la serie è stata capace di offrire in questi otto episodi: Ryan Hardy che prende per il culo chi gli sta intorno, sia questo il nuovo capo della task-force anti-Carroll e followers, Nick Donovan (Mike Colter), sia questo l’ultimo seguace catturato, David. D’altronde, con la fuga in elicottero di Joe e Louise, questa storia si è trasformata in un ‘FBI nightmare’. Prima, invece, un serial killer capace di agire da dietro le sbarre della prigione tramite una setta di fanatici non destava più di tante preoccupazioni (altrimenti c’avrebbero mandato gli agenti intelligenti a lavorare sul caso, e invece, come sappiamo…). Se fosse scappato a piedi, in bici, in bus, in macchina, anche in treno va’, all’FBI, tutto sommato, non ci sarebbero rimasti così male. Ma in elicottero proprio no. ‘The Bureau is freaking out’, dice Ryan. Ma da parecchio tempo, dico io. Di conseguenza a questo panico diffuso, il nuovo capo intende mettere ordine: costringe Hardy a rientrare nei limiti del suo ruolo da consultant, e impone la necessità del suo personale consenso prima di ogni decisione e azione. E’ costretto a rimangiarsi subito le parole perché David, il prigioniero da interrogare, chiede di parlare con Ryan e Ryan soltanto.
Qui arriva uno dei momenti più bassi dell’episodio. Prima, David sente la necessità di sottolineare quanto sorprendente sia stata la fuga di Carroll (‘how did you like the plot twist? Joe Carroll escaping twice. Bet you didn’t see that coming’), perché, insomma, se qualcuno di voi non lo avesse notato (o non l’avesse trovata tale), bé, ora l’ha detto uno dei personaggi, quindi deve essere vero. Tutti quanti ci identifichiamo nella risposta di Ryan: ‘now you’re boring me’. Dopodiché, si giunge all’affermazione dell’onnipresenza dei followers, affermazione rafforzata dalla tremenda interpretazione di Arian Moayed. Le sue espressioni durante questo pezzo di monologo hanno indebolito lo stesso in una maniera sorprendente. Ingerendo una pillola impiantata sotto la pelle della mano, David ci saluta.
Nel frattempo, Joe inizia la sua vita come guru. Dove abbia lasciato e nascosto l’elicottero che ha usato per fuggire non è dato saperlo. Ma non perdiamoci in futilità, ché UN ELICOTTERO è un dettaglio talmente insulso e insignificante che farlo notare è una roba da snob che nemmeno Umberto Eco. Per fortuna, dentro quella casa c’è ancora qualcuno (uno, in realtà) con un briciolo di cervello: il figlio Joey, diffidente nei confronti del padre. Quando si dice che i bambini danno speranza. Soprattutto in mezzo a un sì fatto gruppo di idioti. Perché davvero, io dei simili idioti non li ho mai incontrati in vita mia. E io ho visto tutti gli episodi e tutti i film di Jackass. Più volte. Da sobrio.
Ci viene presentato Roderick, sceriffo-secondo in comando di Joe, sostituto primo nel suo periodo di assenza. E’ stato in grado di metter su una vera e propria comune di assassini, decine di membri riuniti sotto un tetto fornito di ogni mezzo e comodità, senza che nessuno si sia accorto di niente. Bravo Roderick. Come abbia fatto non ci viene spiegato, ma sono sicuro che lo si farà in futuro. Nel flashback a lui dedicato, lo scopriamo Primo Seguace, colpevole di due dei 14 omicidi imputati a Joe, il quale, prendendosene la responsabilità, s’è guadagnato la sua imperitura fedeltà. Per la prima volta dall’inizio di The Following, abbiamo un seguace che abbia effettivamente una ragione per seguire Carroll fino alle porte dell’inferno. Ragione semplice ma forte, ancor più forte in una serie in cui sono state pronunciate frasi come ‘he’s teaching me to feel my life’ per spiegare l’agire criminale nel nome dell’ex-professore di letteratura. Insomma, un minuscolo passo avanti per quanto riguarda la caratterizzazione, sicuramente favorito dal fatto che Roderick pare personaggio dal futuro importante e possibile causa di frattura all’interno della setta, come si può intuire dalla conversazione in chiusura di episodio fatta con Louise. Quindi, necessita di un briciolo di biografia e personalità.
Il buono di questo episodio finisce qui, nelle prese per il culo di Ryan e nella (accennata, ma presente) presentazione e caratterizzazione di Roderick. Perché il resto è roba che ancora fatico a spiegarmi. La ricerca di informazioni su Claire da parte della setta ha del delirante. Del delirante. Joe vuole a ogni costo riunire la famiglia (ma alla fine, sarà questa la ragione per cui sta facendo tutto quello che sta facendo? Qualcuno di voi l’ha capito?), e tra lui e questo sogno si frappone il Witness Protection Program. Weston, mandato a casa da Nick per aver hackerato la sua mail su richiesta di Hardy (da chiedersi perché anche Hardy non sia stato mandato a casa, essendo lui il mandante…ma non facciamoci troppe domande ché questo è un thriller, e se in un thriller ti fai troppe domande significa che non capisci il genere e non ti godi LA TENSIONE), finisce per essere, suo malgrado, lo strumento per completare la reunion della famiglia Carroll. Ecco, la scena in cui i followers (Roderick, Louise e Charlie compresi) tentano di costringere Weston a rivelare il luogo in cui si trova Claire è una roba, boh, senza alcun senso. Siamo tanti contro uno, abbiamo disperato bisogno di questa informazione perché ne va della felicità del nostro guru, e che facciamo? Mettiamo su una parodia di Fight Club in cui, ogni volta che Weston non risponde alla domanda di Roderick, si guadagna la possibilità di un uno-contro-uno con Charlie, che è, praticamente, lo stronzo del gruppo. Prima a mani nude, poi con tubi metallici, poi con coltelli. All’aperto, ovviamente, dove possono essere visti e sentiti. Perché, insomma, portarlo in un luogo chiuso e isolato, torturalo fino al cedimento no, troppo scontato, troppo banale. Poi, ovviamente, se vuoi un’informazione il modo più veloce e più semplice per ottenerla è pugnalare a morte chi questa informazione la detiene. Mah.
Hardy arriva, spara e uccide delle persone che non sappiamo nemmeno come si chiamano, quelli che sappiamo come si chiamano scappano nonostante il tentativo di inseguimento di Debra. Andare in più di due persone non era possibile, ché sennò a quelli che venivano bisognava pagare gli straordinari e, sapete, con la crisi che c’è, non ce lo possiamo permettere. Il tutto è servito, a quanto mi pare, per riaffermare per l’ennesima volta la fedeltà e l’ammirazione di Weston per Hardy, che pare essersi affezionato al ragazzo, decidendo di andare a tenergli compagnia durante la sua degenza in ospedale. Magari Weston diventerà il primo follower di Hardy, magari anche Hardy metterà su una setta, e magari la serie si trasformerà in una guerra tra sette.
E poi, quando uno pensa sia finita, arriva la parte più incredibile di episodio. Devastato dal fatto di aver deluso ancora una volta Joe, Charlie decide di farsi uccidere da quest’ultimo perché ‘I want to be important, sir‘. MA.CHE.CAZZO. Davvero, non so come commentare. Non è identificabile come un rito sacrificale, un omicidio con tratti mistico-religiosi, roba che talvolta rientra nelle pratiche di sette di fanatici come questa. Non ha nemmeno un valore punitivo, perché altrimenti non si capisce perché Roderick e Louise siano stati risparmiati. Non serve nemmeno a dipingere Carroll come leader duro ma giusto, perché il tutto è un atto volontario, un suicidio vero e proprio. Di uno degli uomini fondamentali nella struttura e nei meccanismi operativi della setta. E ci rinunciano così. L’idiozia del male. Non c’è nessuna, nessuna ragione dietro la decisione di Charlie, nessuna ragione che non sia lo scorretto trucco di chi scrive per ribadire, uccidendo un personaggio ritratto come importante ma che poi non lo è, come questi tizi, per Joe, sarebbero disposti anche all’Ultimo Sacrificio. Abbiamo capito, davvero.
E’ una scena non solo scritta coi piedi, ma resa ancora peggio. Vorrebbe essere catartica, romantica, manifestazione dell’idea di morte come vettore di significato, di nobiltà, di bellezza, persino di piacere, che tanto cara è a questa gente. E invece. Le espressioni orgasmiche di Charlie mentre Joe gli affonda il coltello nella pancia sono imbarazzanti, unite a una fotografia, una musica e una regia che emanano un forte olezzo di Sentieri. E la reazione dei presenti alla perdita di un membro tanto importante? Ridono e scopano. Emma (che per tutta la puntata non ha fatto che tubare intorno al guru) con Joe (che per tutta la puntata non fa che ribadire il suo amore per Claire, anche se non si capisce come ha intenzione di riconquistare la moglie e farle accettare questa nuova sistemazione. Probabilmente, basterà che qualcuno ricordi alla donna quanto fascinoso e carismatico sia l’ex-marito), e Roderick con Louise. Louise salta addosso a Roderick in preda al più furente dei desideri sessuali, dopo che questo l’ha quasi soffocata a morte. Anche qui, senza nessuna ragione, come se ci fosse ulteriore bisogno di sottolineare che il tipo è più fuori del bucato durante una giornata estiva. Ma non fa niente, siamo troppo appassionati di Poe, troppo intenti a scoprire il vero significato dell’esperienza umana per poter diffidare di chi è lì lì per strangolarci. A questo punto sentitevi liberi di dire ‘ma mi prendete per il culo?‘, perché in questo episodio non succede nulla, e quello che succede è di una stupidità imbarazzante.
I problemi della serie son sempre quelli, e, francamente, non ho intenzione di cadere nel gorgo dentro il quale ognuno ribadisce sempre gli stessi punti a favore o contro. Ci sono state sette recensioni prima di questa, e mi pare davvero assurdo riscrivere per l’ottava volta quello che, più o meno tutti (me compreso) hanno già detto. The Following funziona così, funziona con personaggi che di proprio e definente hanno solo il nome, con colpi di scena assurdissimi ma prevedibilissimi (‘I bet you didn’t see that coming’ potrebbe essere la nuova tagline della serie), exploitation d’accatto di cui dovremmo essere comunque contenti perché siamo sulla FOX, dialoghi che son come fissare il Nulla negli occhi mentre questo è in coma, più una resa scenica (regia e foto) che va bene se è anonima, e quindi, tutto sommato innocua. E non è una questione di incapacità, perché quando si è voluto lo show è sembrato capace di maturità narrativa (si pensi a quando Debra intuisce che c’è un che che non va in Ryan quando lo vede rispondere al telefono e poi scappare in tutta fretta. E infatti, Jenny, la sorella del nostro consultant preferito, era stata rapita da Maggie) ed estetica (si pensi alla scena della morte di Jordy, parecchio disturbante e piuttosto ben riuscita). Semplicemente, nella maggior parte dei casi, si preferisce il facile trucco narrativo per far proseguire una storia che, altrimenti, sarebbe troppo assurda per durare. E’ una questione di forza di cose e di scelte, un soffritto delle due. E questo al netto di caratterizzazioni dei personaggi inesistenti, affidate alle affermazioni degli stessi personaggi o a flashback di pochi minuti, di insopportabili spiegoni (Debra è lì a fare questo, in pratica) e interpretazioni spesso sotto tono (eccezione per Bacon e Purefoy che, comunque, sono attori di livello anche se nemmeno loro al meglio). Alla fine, nel gorgo ci sono ricascato. Scusate.
Avviso
Serialmente interrompe qui la copertura settimanale di questa serie. La ragione è: sempre meno membri della redazione la seguono, ancor meno la seguono settimanalmente e non possiamo continuare a farci del male così. Recensiremo il finale, per tirare le somme definitive di questa prima stagione per spirito di completezza. Peace out!
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